3.          L'ETÀ ADULTA E LO SGUARDO SUL MONDO

 

Con Mistral gagnant ('85), Renaud raggiunge l'apice del successo e modifica il suo atteggiamento nei confronti del mercato musicale. E' l'ultimo disco per il quale si preoccupa di pubblicizzare l'uscita e quindi sottomettersi controvoglia a interviste sgradevoli e comparse in programmi televisivi che detesta. Si tratta di un disco di mediazione con la fase precedente. Da questo momento, Renaud si dedica maggiormente a fare il poeta, e lascia da parte l'aspetto musicale delle canzoni, che affida sempre più spesso ai suoi collaboratori. Nell'ultimo disco scrive la musica di tre canzoni su dodici. Le tematiche di questo periodo risultano molto varie e, fra tutte, le canzoni di protesta sono le più numerose.

 

3.1 Album della terza fase

Mistral gagnant (1985). E' il disco che batte tutti i record di vendita e porta alla massima celebrità il cantautore. E' una tappa di transizione tra due periodi. Da un lato compaiono temi della fase precedente, che non avranno poi seguito negli altri dischi: quello della droga (P'tite conne), quello del mare (Trois matelots) e quello dell'amicizia (Si t'es mon pote). Dall'altro lato si vedono per la prima volta i temi che domineranno l'ultima produzione: il rapporto di Renaud con Lolita (Mistral gagnant), e la protesta, che si allarga a tutti i mali del mondo e della storia (Fatigué, Miss Maggie). Scompare la banlieue.

Putain de camion (1988). Tutto il disco riprende il titolo della canzone dedicata a Coluche, morto in un incidente stradale. La copertina, nera con un mazzo di fiori rossi al centro, dà l'idea di come su tutto il disco pesi la morte dell'amico E' la prima raccolta in cui Renaud scrive meno della metà delle musiche. Rivolge lo sguardo al mondo africano (Jonathan). Ricompare Lolita (Il pleut), e l'idea del tempo che passa (Cent ans), proposta per la prima volta nel disco precedente. Sono presenti anche la denuncia dell'ipocrisia (Socialiste) e l'amore (Me jette pas).

Marchand de cailloux (1991). Per la prima volta prende la parola Lolita, la figlia di Renaud (Marchand de cailloux). Un tema dominante in questo disco è il rapporto tra il cantautore e la figlia; sia nel tentativo di spiegarle il mondo (C'est pas du pipeau); sia nella presa di coscienza del tempo che passa (Les dimanche à la con). Le canzoni di protesta sono di diversi tipi, si va dalla difesa della propria integrità intellettuale (L'Aquarium), alla difesa del popolo africano (500 connards sur la ligne de départ), passando per l'Irlanda (Chanson nord-Irlandaise) e le elezioni (Le tango des élus). Non mancano le canzoni d'amore. Tonton è dedicata a François Mitterrand.

À la belle de mai (1994). Risulta l'ultima tappa del processo evolutivo che Renaud aveva cominciato quasi vent'anni prima. Non è un caso che dopo questo disco, a tutt'oggi, Renaud non ne abbia ancora fatto uscire un altro con nuove canzoni. Si ritrovano un po' tutti i temi che hanno caratterizzato la carriera del cantautore, la banlieue (Son bleu, La ballade de Willy Brouillard), la figlia (C'est quand qu'on va où, Mon amoureux), il tempo che passa (Cheveu blanc, Le sirop de la rue), la rivolta (Adios Zapata), l'universo femminile (Devant les lavabos), la protesta nei confronti della "société" (Le petit chat est mort, Lolito Lolita, La médaille) e il gusto per il gioco verbale (À la belle de mai).

 

3.2 Renaud nelle canzoni

E' utile considerare, prima di affrontare l'analisi dei testi, in quale rapporto si trova Renaud rispetto ai personaggi che descrive in questa ultima fase. Si nota subito che nella grandissima maggioranza dei casi il personaggio principale è anche colui che racconta la storia.

Nelle altre due fasi c'erano due varianti: la storia del protagonista veniva raccontata da un narratore, che si intuiva essere Renaud; oppure era l'eroe stesso che descriveva in prima persona le sue avventure. In questa terza fase, il protagonista che parla in prima persona, spesso non ha lo spessore psicologico per diventare un personaggio autonomo e il lettore è portato, di riflesso, ad identificarlo con il suo autore; anche perché Renaud più di una volta fa parlare e descrive questi personaggi guardando se stesso. Il protagonista di Si t'es mon pote ('85) o di Trois matelots ('85), per esempio, non è esplicitamente Renaud, ma entrambi fanno pensare a lui. Soprattutto il secondo, quando afferma di essere fisicamente gracile e di essere un parigino. Renaud non si diverte come prima a creare dei personaggi completi, che diventano indipendenti da lui; si limita a raccontare delle storie, nelle quali il protagonista non è più un eroe, ma solo un qualcuno che parla in prima persona. Il fatto poi che qualche volta ci siano dei riferimenti all'autore, non basta a considerarle delle canzoni autobiografiche. Il racconto e la situazione descritta sono più importanti di chi le vive. Soltanto in tre casi, l'eroe della canzone che parla in prima persona, ha abbastanza forza per poter vivere autonomamente: in Tu va au bal? ('85), in cui è il protagonista di una storia comica; in P'tit voleur ('91), in cui è un derelitto condannato dal sistema, e in Adios Zapata ('94), in cui è un ragazzino colombiano che coltiva papaveri e che produce droga.

Una novità importante si ha con la scelta di Renaud di fare parlare direttamente la figlia. Sono tre le canzoni in cui Lolita prende la parola: Marchand de cailloux ('91), C'est quand qu'on va où ('94) e Mon amoureux ('94). In tutti e tre i casi la persona che parla si rivolge al padre. A queste canzoni si affiancano quelle in cui il cantautore ritrae se stesso, mentre si rivolge alla figlia. Benché non sempre ci siano dei segni evidenti che voglia rappresentare se stesso con Loulou,[1] si può dire con certezza che tutte le canzoni dove si ritrovano un padre con la figlia abbiano questa funzione. Questo tipo di situazione, infatti, fa la sua comparsa in contemporanea alla comparsa di Loulou.

Queste canzoni mostrano un atteggiamento nuovo del cantautore nei confronti di ciò che racconta e nei confronti del pubblico. Quello con la figlia viene proposto, nelle canzoni, come un rapporto a due, un dialogo, dal quale il pubblico è estromesso, ma che può ascoltare senza intervenire. Ciò non significa che quest'ultimo non faccia più parte dei destinatari a cui è rivolto il messaggio, ma quando ritrae se stesso con la figlia, il cantautore si comporta come se tutto il mondo non esistesse, come se nessuno li dovesse sentire. Si tratta di una nuova immagine che vuole dare di sé. La bambina diventa il destinatario principale del suo discorso, mentre il pubblico passa in secondo piano. In precedenza il rivoluzionario aveva sempre fatto partecipe il pubblico dei suoi discorsi e delle sue avventure. Quando si rivolgeva al sistema difendendo se stesso o accusandolo di qualcosa, il pubblico era in qualche modo presente. Più che un discorso personale, anche se a volte lo era veramente, le sue canzoni apparivano come il grido di uno che ha la voce più potente degli altri, ma che ha anche una folla dietro che lo sostiene. Quando Renaud si comporta da padre è tutto diverso, c'è la figlia e c'è lui e il discorso è sussurrato. Nessun altro può avere a che fare con loro. Mon amoureux ('94) è un caso sintomatico. Grazie a questo atteggiamento, però, riesce a guardare in profondità nel suo cuore e a trovarvi una canzone come Mistral gagnant ('85).

Accanto al nuovo modo di rappresentarsi, sopravvive anche quello vecchio, quello del paladino degli sconfitti che attacca il sistema e grida la sua rabbia. In questi casi Renaud prende direttamente la parola rivolgendosi al suo nemico. Il narratore, che lascia capire di essere il cantautore stesso, si rivolge direttamente al suo interlocutore. Il quale, in questa ultima fase, diventa sempre meno identificabile con una persona o un gruppo sociale, tendendo a coinvolgere tutta l'umanità. Non si tratta più solo del suo pubblico o della società in cui vive, perché i temi affrontati non riguardano specificamente la nazione francese, ma abbracciano tutto il mondo.

Renaud, però, non si limita a presentarsi nelle canzoni come una voce che parla, egli fa di sé anche un personaggio. Questo modo di rappresentarsi lo si può ritrovare già nelle due fasi precedenti,[2] con un seguito nell'ultima, Ma chanson leur a pas plu (Suite) ('91); nelle quali il protagonista della storia è costruito e caratterizzato sulla base dell'immagine che Renaud vuole dare di se stesso, attraverso le sue canzoni. Egli è ad esempio un cantautore, uno che si ubriaca spesso, uno che ha una figlia a cui dover dare il biberon. Accanto a questo, però, nasce, nella terza fase, un nuovo personaggio nel quale Renaud dice di identificarsi: il protagonista delle canzoni in cui racconta la sua infanzia. Il ragazzino che gioca sulla strada, però, si libera dai condizionamenti che caratterizzano il suo corrispettivo adulto e diventa un personaggio autonomo e indipendente. Cresciuto negli anni sessanta, per quanto sia stato veramente come viene descritto, questo bambino è reale, per chi ascolta le canzoni, quanto Gérard Lambert, l'eroe nato dalla fantasia del cantautore. E' una novità importante, in quanto Renaud non riesce a tenere legato a sé il personaggio del bambino, come fa con quello adulto, attraverso gli elementi che rimandano all'uomo reale, e di fatto crea un personaggio autonomo.

A questo proposito si può notare una canzone che appare per un certo verso curiosa: Rouge-gorge ('88). Si tratta di una di quelle canzoni in cui il protagonista si può confondere con Renaud. L'eroe è un cantante nato nei quartieri popolari, che ha come soprannome "rouge-gorge" a causa di un foulard rosso che tiene al collo. Descritto così si penserebbe che si tratti di Renaud. Quello che è strano è che il narratore vede "rouge-gorge" come una persona diversa da se stesso, tanto che ad un certo punto le rivolge la parola: "Chante, Rouge-gorge".

3.3 Un occhio rivolto sul mondo

Senza dubbio si può affermare che le canzoni di denuncia sono il tema principale dell'ultima produzione: se ne possono contare almeno diciassette o anche di più. Una quantità enorme, se si considera che nel periodo precedente se ne erano trovate solamente una per ogni disco. Ciò che stimola una produzione così cospicua, è il fatto che Renaud allarga il suo sguardo a tutto il mondo e a tutta l'umanità, scoprendo delle cose terribili. Due canzoni si possono considerare una sorta di riassunto di tutto quello che non gli va bene e che vuole denunciare: Miss Maggie ('85) e Fatigué ('85).

Renaud matura un sentimento di sfiducia nei confronti dell'umanità[3] e soprattutto del maschio, in quanto sono i maschi che hanno fatto la storia e che si sono macchiati delle azioni più deplorevoli. Miss Maggie ('85) è appunto la denuncia delle responsabilità che l'uomo maschio si deve assumere, di fronte alla storia e alla società. Benché la canzone abbia avuto un notevole successo per il fatto che appare come un attacco contro la signora Thatcher, è utile considerarla nella sua sostanza e vederla appunto come una denuncia delle colpe e delle debolezze degli uomini. Queste sono elencate per contrasto col mondo femminile, a cui sono estranee, e nel quale Renaud non vuole includere la signora di ferro. La canzone è dedicata a tutte le donne e nasce dal disgusto che il cantautore prova per il maschio e per la sua morale guerriera. A lui rimprovera la sua stupidità, che scatena la violenza durante una partita di calcio o lo porta a sparare sul suo simile, se lo vede rubargli l'autoradio. Seguono altre accuse pesanti. La guerra e l'eccitazione prodotta dalle armi; la caccia e il razzismo; la bomba atomica; lo sterminio degli indiani e degli ebrei; i genocidi in Armenia e in Palestina; la crudeltà del rodeo; sono tutte azioni che caratterizzano i maschi, e che sono estranee alle donne. Queste accuse non sono dirette a nessuno in particolare, ma hanno la funzione di proporre dei temi intorno ai quali pensare e, come era stato per i derelitti, mettere davanti agli occhi della gente una serie di fatti, che la monotonia della vita quotidiana rischia di far dimenticare. Ma Renaud è una persona che non dimentica e si sforza di fare in modo che anche gli altri non dimentichino.

Aprire gli occhi sul mondo vuol dire scoprire una quantità enorme di prepotenze e di ingiustizie, presenti e passate. Renaud non si tira indietro di fronte ai soprusi di quella storia che, suo malgrado, appartiene anche a lui, e mostra di essere pronto ad assumersi le sue responsabilità. Confessa in Fatigué ('85) le colpe che gli appartengono per il solo fatto di essere occidentale e che tutti abbiamo ereditato, come un nuovo peccato originale, dai nostri avi.[4] E' giusto sottolineare come il cantautore si ritenga in qualche modo responsabile, per quanto "anonyme", di quello che hanno fatto gli europei nella storia.

Tutta questa canzone è un po' il sintomo del nuovo atteggiamento del cantautore. C'è una grandissima ricchezza di temi e motivi di indignazione. La terra è solo un granello di polvere, un sasso disperso nell'universo, ma culla della stupidità e regno della malvagità. Renaud si scaglia contro il potere, l'odio, la guerra, il razzismo, la violenza nei confronti dei bambini e delle donne, gli stermini di intere popolazioni e di intere specie animali. Dice che lo hanno stancato l'orrore della violenza quotidiana e la speranza nelle idee, sventolate come bandiere, ma che sono solo produttrici di vittime. Ancora si dichiara stanco di odiare, ma anche di amare; di sorridere e di piangere. Sembra veramente che non si salvi nulla del mondo civilizzato a cui fa riferimento all'inizio. Una esasperazione che supera la sopportazione del cantautore,[5]ma che non trova più un modo per potersi sfogare. E' una posizione lontanissima rispetto a quella dei primi album, nei quali vedeva la sollevazione del '68 come il mezzo e il modello per rinnovare la società.

In Fatigué ('85) si ritrova un elemento, la verità, che permette di vedere in che modo è cambiato l'atteggiamento di Renaud attraverso gli anni. Quello che nel 1975 era ritenuto un fatto positivo e rivoluzionario,[6] è diventato dieci anni dopo una nuova, ulteriore, causa di indignazione. Il ribelle ormai snervato confessa a malincuore di essersi illuso[7] e ammette che la verità è peggiore della menzogna, perché fa conoscere i misfatti dell'uomo nella loro crudeltà. La verità è infatti "si cruelle que je m'y suis brûlé"; essa non è il mezzo per smascherare l'ipocrisia del sistema e raggiungere la libertà, è solo una testimonianza della malvagità dell'uomo e del mondo.

Ciò che più colpisce in una canzone come Fatigué ('85) è un nuovo atteggiamento di Renaud verso l'ingiustizia. Il fatto di allargare il suo interesse a tutto il mondo, gli fa prendere coscienza che, se all'interno della città egli è, anche per sua scelta, un escluso, nel mondo fa parte dei ricchi. Di quelli che dominano sugli altri e che combatteva fin dai primi tempi. Probabilmente per questo motivo considera il suo sangue "impur" e, sempre per questo motivo, sente il bisogno di dire alla figlia che non sono loro due i cattivi.[8] Renaud cerca in tutti i modi di distinguersi dai dominanti. Ciò è possibile rivendicando giustizia e libertà per i popoli sottomessi e ritornando all'infanzia, età in cui l'uomo non è stato ancora corrotto dalla società, di cui poi diventerà schiavo.

La ricchezza di motivi di denuncia che offrono Miss Maggie ('85) e Fatigué ('85), si ritrova nella produzione di tutto il periodo. Tentando una classificazione, si possono individuare delle tematiche. Un elemento di continuità con le fasi precedenti, definisce il primo gruppo di canzoni, di carattere sociale e politico; ne fanno parte Socialiste ('88), L'Aquarium ('91), Le tango des élus ('91), Adios Zapata ('94) Lolito Lolita ('94) e La médaille ('94). Un secondo gruppo è quello dove sono protagonisti la figlia e il mondo dei bambini; ne fanno parte Morts les enfants ('85), dove è assente Lolita; C'est pas du pipeau ('91) e Le petit chat est mort ('94), in cui Renaud si rivolge alla figlia; Marchand de cailloux ('91) e C'est quand qu'on va où? ('94), in cui è la figlia che si rivolge al padre. Un terzo e ultimo gruppo, che propone un tema nuovo, è quello delle canzoni intorno all'Africa e ai paesi meno sviluppati; ne fanno parte Jonathan ('88), Trivial poursuite ('88), 500 connards sur la ligne de départ ('91). Altri motivi di protesta sono legati alla droga, P'tite conne ('85), alla guerra in Irlanda, La ballade nord-Irlandaise ('91) e alla banlieue, Rouge gorge ('88).

 

Fra le canzoni politiche e sociali, quelle fino al 1991 affrontano tematiche già trovate in Renaud: si parla dell'ipocrisia, della indipendenza intellettuale e della classe politica. Le tango des élus ('91) ha nella sua brevità la qualità dell'efficacia. Costituita solamente da quattro versi,[9] è un attacco improvviso e gratuito contro i politici. Ma proprio il fatto di essere un attacco gratuito, dà a questa canzone tutto il suo spessore e serve a Renaud per ricordare a chi detiene il potere, che il suo nemico non abbassa mai la guardia ed è sempre pronto ad aggredirlo.

La politica ritorna anche in Socialiste ('88), dove però il discorso non riguarda i politici, quanto piuttosto l'ipocrisia. Incontrata una ragazza durante una manifestazione pacifista, il protagonista viene ad un certo punto "largué", abbandonato e lasciato solo, da lei, che scappa alla "Gare de Lyon" per evitare di farsi rubare il motorino. Renaud denuncia questo tipo di comportamento e ricorda che chi vuole veramente aiutare gli altri, deve rischiare e, in qualche caso, pagare di persona. Come ha fatto sempre anche lui, esponendosi sempre in prima persona, a costo di pagare per le sue scelte. Non si può rinnovare la società se non si è disposti a rinunciare a qualcosa.[10] E' una pretesa assurda; è come voler essere allo stesso tempo un "mouton", un conformista, e un "mutin", un ribelle; o trovarsi nello stesso istante al forno e al mulino; o essere insieme Jean Dutour e Jean Moulin. La solidarietà è tutt'altra cosa.

In questa canzone Renaud tenta di definire in termini "politichesi" la sua posizione al di fuori di qualsiasi schieramento partitico e, diversamente dalla ragazza del motorino,[11] il si definisce un "rien-du-toutiste\ Anarcho-mitterrandiste". Benché sappia chiaramente che si tratta di una posizione politica che non può esistere, è fiero comunque di difenderla: "J'sais même pas si ça existe\ Mais ça m'éxite". Accanto al suo atteggiamento anarchico, il cantautore confessa una certa fiducia nella persona del presidente Mitterrand, il quale però non mancherà di deluderlo partecipando alla Guerra del Golfo.

Il Renaud "rien-du-toutiste", uomo fuori dagli schemi, ritorna anche in L'Aquarium ('91), dove si paragona al palombaro dentro l'acquario, "qui cherche un trésor planqué\ Sous les cailloux bariolés\ Pauvr' bonhomme". La canzone è costruita sull'alternanza di strofe che iniziano con "Enervé par", cui segue il lancio di qualcosa dalla finestra, e di ritornelli che iniziano con "Liberé", con l'indicazione di ciò che è stato liberato buttando l'oggetto. Gli occhi vengono così liberati eliminando la televisione; le orecchie eliminando la radio; l'anima eliminando la bibbia; la testa eliminando il giornale. Tutte queste parti dell'uomo, appena liberate, si rivolgono all'acquario, nella cui acqua limpida e chiara, lontano dalle centrali nucleari come il disertore,[12] vivono il pesce rosso e il palombaro. Qui non ci sono tutte quelle persone che provocano la collera dell'io protagonista ed egli si sente un po' come il "pauvr' bonhomme". Anch'egli cerca un tesoro nascosto, difficile da raggiungere, che sono l'amore e la libertà nel mondo.[13] Dopo Fatigué ('85), si allunga senza sosta l'elenco delle cose che l'io dei testi denuncia, anche se qui il discorso è più personale e riguarda la libertà e l'indipendenza intellettuale nella nostra società; che si fonda sul conformismo. Questa idea di indipendenza viene legata da Renaud anche al mondo della infanzia e della adolescenza.

La religione viene attaccata soprattutto in La ballade Nord-Irlandaise ('91); un vero e proprio inno alla pace. Renaud dice di voler piantare un arancio in quei posti "où les arbres n'ont jamais donné\ Que des grenades dégoupilliées". Poi invita i popoli in lotta a stare insieme per trovare la pace,[14] ma soprattutto li invita a uccidere il loro dio, "Tuez vos dieux à tout jamais\ Sous aucune croix l'amour ne se plaît". Li invita cioè a rinnegare la religione, se questa è causa di guerra e odio, e non porta l'amore. La canzone termina con l'evocazione dell'arancio piantato all'inizio, che, fiorendo, ha dato il dolce frutto della libertà. La canzone, scritta su una musica tradizionale nord-irlandese, è un caso unico nella produzione di Renaud, che non parla mai di pace, ma di rivoluzione. Questo perché il suo soggetto preferito è quello dell'uomo sottomesso ad un altro uomo.

Il tema della rivoluzione, vista in maniera diversa nei due testi, si ritrova in Adios Zapata ('94) e Lolito Lolita ('94). Nella prima canzone il protagonista, un giovane colombiano, considera il fatto che personaggi rivoluzionari come Emiliano Zapata o Pancho Villa non rappresentano un modello per lui[15] e che per combattere contro gli USA è meglio farseli amici. Il ragazzo si sente più rivoluzionario coltivando papaveri e producendo droga; col beneplacito e l'appoggio della CIA e delle banche nord-americane. Sono gli stessi statunitensi a comprare la droga e a ripulire il denaro sporco del traffico. E' un atto d'accusa molto duro quello del cantautore, nei confronti del più forte paese occidentale; ma ancora più grave è la considerazione che fa subito dopo, che cioè la droga è, tra l'altro, un modo per controllare i ghetti e per giustificare la violenza e le armi dei poliziotti.[16] La droga è una piaga per la parte più debole della società e per chi dalla società viene escluso, ma è una amica dei potenti. Per questo non verrà mai sconfitta, in quanto chi la dovrebbe combattere si è alleato con lei. Di fronte a questi fatti Renaud ancora una volta veste i panni del rivoluzionario e prevede che un giorno "le quart monde\ Dira aussi "Basta"\ À la misère immonde\ Et chant'ra avec moi\ Viva Che Guevara! Zapata! Pancho Villa!". E' uno dei pochi casi in cui conserva ancora la fiducia giovanile nella forza rinnovatrice della rivolta, che porta giustizia e libertà.

Lolito Lolita ('94), canzone che canta l'omosessualità, è lontana da quelle posizioni e descrive la società come una piramide. La società assomiglia alla piramide perché, più uno strato sociale è numeroso, più è debole e si trova più in basso degli altri. A conferma di quello che si è sempre sostenuto, Renaud distingue i derelitti, quelli che ne sono stati esclusi, da coloro che occupano il posto più umile della società, ma sempre al suo interno. Nella posizione più bassa della piramide ci sono i "damnés", non solo gli abitanti delle periferie degradate, ma i più poveri di tutto il mondo.[17] Il loro destino è da sempre quello di essere schiacciati dal peso degli altri. Sopra di loro c'è il proletariato, formato da milioni di braccia, il quale, pur essendo vittima del sistema e dei potenti, non si ribella.[18] Poi ci sono i soldati, i prelati e, in cima, i re. I soldati sono pronti a sparare su Lolito per difendere lo Stato, la proprietà e la legge, ma non difenderanno i suoi diritti.[19] I prelati sono l'elemento reazionario per eccellenza nella società. I re rappresentano coloro che detengono il potere e che cambiano le leggi per poterlo conservare.[20]

Il narratore invita Lolito Lolita a capovolgere la piramide per sfuggire alla sua miseria, ma subito dopo lo avverte che anche in questo modo non raggiungerà la libertà, "tu n'seras plus libre\ Quand le peuple régnera". Il rivoluzionario, maturato, è convinto che l'uomo odi il suo prossimo; per cui non esiste una rivoluzione che possa "renverser l'Histoire"[21] e costruire un mondo migliore. Ogni giorno c'è qualche ingiustizia contro cui combattere e "Y'aura toujours des Bastilles a faire tomber". Questo pessimismo nei confronti della rivoluzione non si traduce in rinuncia alla lotta, la quale, come Renaud spiega altrove, deve essere comunque proseguita fino all'ultimo, anche di fronte alla sconfitta sicura.

 

L'idea del re che organizza le leggi e la società, in modo da poter mantenere in piedi la piramide, si ritrova anche in C'est quand qu'on va où? ('94), una delle canzoni in cui Renaud fa parlare direttamente la figlia. In essa sono presenti le parole del cantautore, ma in forma indiretta. Tutto il discorso è messo in bocca alla figlia e Renaud espone il suo pensiero facendosi citare dalla bambina. Questa volta sono oggetto di denuncia la scuola e le elezioni, fatte passare dal sistema come aspetti fondamentali della democrazia, ma il cui fine è sempre quello di mantenere l'ordine costituito. In una società in cui il potere fa le leggi per perpetuare se stesso e usa la droga per giustificare la presenza e la violenza dei poliziotti, è logico pensare che se la scuola e le elezioni sono ancora presenti e addirittura difese dal potere, ciò significa che esse lo difendono e lo rafforzano.[22]

La canzone è il tentativo di rappresentare il mondo visto col l'occhio ingenuo e non ancora disincantato dei bambini. Già il titolo C'est quand qu'on va où? mostra questo sforzo e riprende una domanda fatta da una bambina a suo padre.[23] Il tema è quello dell'educazione e il "rien-du-toutiste" confronta il suo modello con quella che è la scuola reale. La bambina si lamenta della disciplina, ma soprattutto della eccessiva quantità e della inutilità delle conoscenze che la obbligano ad avere[24] ed a portarsi dietro nel suo zaino; che è pesante come un cavallo morto. Lolita non accetta queste cose e dice "Halte à tout". Accanto alla protesta, la bambina espone la sua idea di quello che si dovrebbe imparare a scuola. Qui si deve insegnare l'amore per i libri, i quali liberano l'anima,[25] e soprattutto l'amore per il prossimo; persino quando, come Renaud le ha insegnato, il prossimo è un delinquente. Il suo modello di vita[26] è molto vicino a quello del disertore[27] del periodo precedente. La bambina, però, vuole anche avere una bella scrittura per scrivere parole ribelli, che facciano cadere tutti i muri. Anche in questo caso, se la scuola non corrisponde al suo modello, è pronta a dire "Halte à tout!". Vorrebbe in qualche modo fermare il mondo e invita il padre a dire la stessa cosa se la pensa come lei.

La risposta a questo invito Renaud l'aveva data con C'est pas du pipeau ('91) del disco precedente. Qui è il padre che si rivolge alla figlia e cerca di spiegarle quanto è dura la vita. Il protagonista si rivolge a Lola, il nome della figlia di Renaud; nell'altra canzone l'interlocutore è chiamato "papa". Renaud utilizza alla forma negativa una espressione che, nella sua forma positiva, ha un significato negativo; "C'est pas du pipeau" sta quindi a significare che si tratta di una cosa molto seria. Il discorso è simile a quello di C'est quand qu'on va où? ('94), nel senso che il padre invita la figlia a restare fuori dalle convenzioni e dal sistema. Ritorna il tema della indipendenza intellettuale nella società conformista. Questa volta il punto di vista è quello dell'adulto, che mette in guardia la bambina sui pericoli che una scelta del genere comporta. Renaud invita Lola a stargli vicino ed a fare attenzione: la via è piena di trappole, nascoste tra le pietre che pavimentano la strada e nei rigagnoli di scolo, accanto ai marciapiedi. Solo finché resterà bambina le potrà evitare. La avverte che loro due saranno perseguitati dai grandi, perché non vivranno come quelli; perché non seguiranno le loro scarpe senza guardare davanti, come fanno gli adulti. La avverte anche di stare attenta al lupo che si trova dietro alla sua porta, pronto a mangiarli vivi se riesce ad uscire dalla sua tana. Solo i bimbi sanno amare i lupi, che fanno invece tremare gli adulti. Il bimbo, infatti, non conosce l'odio tra le persone e non vede un lupo nel suo prossimo, sia esso un nero o un bianco. Mantenere questa semplicità ed essere indipendenti, rappresenta per un adulto un pericolo grandissimo ed è causa di spregio da parte degli altri. Nonostante questo Renaud pensa di non crescere mai.[28] Gli adulti disprezzano coloro che non seguono le idee dominanti, "Les chiens sans collier", e preferiscono piuttosto "Les agneaux", le persone perbeniste e benpensanti, che ragionano come loro, che "Bêlent comme eux". Il "rien-du-toutiste" ha paura che la figlia possa diventare anche lei una persona senza coscienza e le dice: "Fais gaffe à jamais\ Suivre les troupeaux". L'indipendenza intellettuale e l'amore per il prossimo sono un patrimonio importante che Renaud pensa di dover trasmettere alla figlia. La quale, solo tre anni dopo, è già pronta a dire tutta sola "Halte à tout".

Lolita non è l'unica persona alla quale Renaud spera di poter trasmettere le sue convinzioni, o, per meglio dire, le sue non-convinzioni. Ci sono anche migliaia di ragazzine, le sue fans, che, come dei piccoli discepoli, hanno il compito di fare proprie e difendere le idee del cantautore. Il quale le ringrazia, investendole una per una, con la canzone Petite ('88). Il singolare ha la funzione di fare apparire il discorso diretto solo alla persona che sta ascoltando. Renaud si rivolge a quelle ragazzine, di quindici-sedici anni, che ai concerti urlano il suo nome e che nella loro camera hanno il suo poster. Sono loro la speranza di un futuro migliore. Durante i concerti, le fans lo seguono mormorando le parole delle canzoni mentre canta e gridano il loro disgusto nei confronti del mondo in cui vivono.[29] Le giovani hanno capito che la solidarietà è una parte della vita, che le sofferenze degli altri sono anche le loro e che i più disperati sono i loro amici.[30] E' una immagine, quella delle ferite, che fa comprendere quanto veramente Renaud partecipi del dolore degli altri, sentendolo come proprio. Nel ritornello dà il comandamento più importante alle sue seguaci: "Garde-toi de la haine". Anche Lolita, in C'est quand qu'on a où? ('94), rifiuta l'odio: "La haine ça n'apporte rien". Il mondo dell'adolescenza è un terreno sul quale Renaud si accorge che le sue idee possono dare frutto.

La canzone in cui Lolita prende per la prima volta la parola è Marchand de cailloux ('91). Attraverso la figura della figlia Renaud dà nuova linfa alle sue convinzioni, liberandole da tutte le implicazioni politiche e sociali, che sono legate alla sua immagine. Con il discorso pronunciato dalla bambina, le idee del cantautore assumono un carattere più puro e positivo. Così il tema della eterna sconfitta dei più deboli, attraverso l'ingenuità di chi si stupisce di fronte alla follia della normalità,[31] si carica di nuova forza. Oppure il tema dell'indipendenza intellettuale si rinnova con la presa di posizione della bambina, che non ha ancora l'età per fare questo tipo di scelta.[32] Sicuramente Renaud ha resistito a lungo alla tentazione, prima di decidere di parlare attraverso la figlia e nel finale della canzone se ne scusa, facendosi rimproverare dalla bambina il fatto di utilizzarla per dire cose che lei non pensa.[33]

Questa questo espediente lo si ritrova nei due ultimi dischi ed è un elemento che caratterizza la produzione della maturità. Attraverso la figlia, Renaud evita di parlare in prima persona, inserendo un elemento di mediazione tra se e l'oggetto del suo discorso. Si tratta di una finalità totalmente differente da quella che lo aveva spinto a dare la voce ai derelitti delle periferie: far parlare costoro in prima persona era soprattutto costringere l'interlocutore a discutere con gli zonards, che si rivolgevano a lui, e non solo degli zonards; oltre ad essere un modo per dare più carica patetica alle storie. Attraverso Lolita cerca invece di allontanare il discorso da sé, di affrontarlo in modo indiretto e nuovo, arricchendolo della ingenuità della bambina; che non suscita l'ilarità nell'adulto, ma lo mette davanti a domande a cui non riesce a trovare risposte adatte ad un bambino.[34] Le stesse domande fatte direttamente da Renaud non avrebbero la stessa forza polemica, diventando banali e fuori luogo.

Una finalità simile la si può riconoscere nell'uso della metafora e della simbologia, che si ritrova nell'ultimo disco. Si è già visto come la società è paragonata ad una piramide in Lolito Lolita ('94). In Le petit chat est mort ('94), il gattino caduto dal tetto è il simbolo del debole che deve cercare la libertà a rischio della propria vita.[35] Il tema dell'uomo vittima predestinata di una società che non lo difende, assume un aspetto nuovo,[36] che permette al cantautore di affrontare temi vecchi senza diventare scontato e con la speranza di dare al suo messaggio più incisività. Anche in C'est pas du pipeau ('91) si serve di simboli. La visione dell'uomo come un lupo o ratto nei confronti dell'altro uomo, si ritrova più volte nella produzione di questa fase. La scelta di non parlare in modo diretto, ma utilizzando metafore e simboli, è una caratteristica dell'ultima produzione di Renaud.

L'unica canzone sull'infanzia in cui non compare Lolita è Morts les enfants ('85), con la quale Renaud denuncia il sacrificio dei piccoli per gli interessi e le colpe degli adulti. Renaud denuncia la morte dei bambini sui marciapiedi in Colombia, di quelli dilaniati dalle mine antiuomo o decimati in prima linea nelle guerre, volute dai loro padri. Ma oltre a quelli, ci sono anche bambini vittima della paura e dell'odio, della siccità e degli incidenti stradali, causati dai genitori. In ogni caso il bambino è quello che paga per tutti e nei ritornelli il cantautore ne cerca i responsabili. Essi sono dei vecchi imbecilli decrepiti, malati e, naturalmente, militari. Queste persone non solo decidono della vita delle persone, ma il loro potere è così grande che si spartiscono l'intero universo. Così, mentre si divertono nelle feste di gala, i bambini sono uccisi sulle strade. A causa di questi signori viene uccisa, però, anche la fiducia del narratore nell'uomo e in un mondo migliore,[37] il quale, bruciato dalla verità, pensa per una volta di dover vendicare le giovani vittime. La vendetta non ha molto spazio nelle canzoni di Renaud, dove la violenza contro il potente è sempre finalizzata al raggiungimento della libertà e non è mai ritorsione. In questo caso invece la violenza è pura vendetta, non solo per bambini mandati al macello, ma anche per quello che il protagonista ha visto morire in sé, a causa dei potenti. Per cui presa un'arma uccide tutti i "grabataires" che si trovano all'ambasciata. Renaud utilizza nel finale di questa canzone un espediente linguistico che aveva già utilizzato in C'est mon dernier bal ('79),[38] trasformando il primo verso del ritornello "Bal à l'ambassade" in "Balles sur l'ambassade".

 

Un altro gruppo di canzoni di protesta è quello che ha come elemento unificante l'Africa e, più in generale, i paesi meno sviluppati, immagine della nuova periferia. Qui Renaud trova il suo corrispettivo: Jonathan Clegg, eroe di Jonathan ('88); che ha scelto la chitarra al posto del fucile e combatte la sua guerra attraverso la musica. Le sue canzoni "sont des pavés\ Des brûlots\ Qui donnent des ailes aux marmots\ Sa musique a fait rouiller\ Les barbelés\ Et scié bien des barreaux". Renaud rivendica, per Jonathan e per sé, il ruolo del cantautore di sollecitatore delle coscienze,[39] il quale, malgrado tutto, rimane sempre "Rebelle vivant et debout". Jonathan, se ha scelto la chitarra al posto della guerra, non sceglie tra bianchi e neri, perché "tous les salauds sont gris". Inglese, allevato dagli zulù, è un po' come il Renaud cresciuto tra la periferia e la città; ma, al contrario del cantautore francese, non prende posizione in uno dei due gruppi contrapposti, perché sa che l'uomo è comunque pericoloso come un lupo per gli altri uomini; anche se i lupi bianchi sono più feroci. Renaud sviluppa una coscienza relativistica nei confronti delle vittime e non divide più le persone in due gruppi ben distinti, quello dei buoni e quello dei cattivi; sa che tra i due c'è una zona in cui essi si mescolano, in cui i bianchi e i neri diventano grigi. In una intervista del 1991 spiega che "le statut de victime ne confère pas forcément le statut ni de héros ni de détenteur de la vérité",[40] per cui il fatto di essere povero non giustifica il fatto di essere stupido o meglio, non lo può scusare, anche se qualche volta lo può spiegare. Il fatto di essere vittime, per esempio, non scusa che i palestinesi sacrifichino i bambini per la loro guerra.

Renaud lo afferma anche in Triviale poursuite ('88), che riprende il nome del gioco, in cui chiede quanti saranno i bambini mandati alla guerra.[41] Si rivolge ad un destinatario che è quanto mai difficile da identificare. Al contrario di quello che accadeva con le canzoni di protesta nei confronti dello Stato, che era l'elemento verso cui era indirizzato il discorso, ora le sue lamentele non hanno un interlocutore identificabile. Il "tu" fa riferimento a un qualcuno, un altro giocatore, che dovrebbe aiutarlo rispondere a domande che non hanno risposta: quanti sono i bianchi che si spartiscono la terra? Quanta miseria attende i popoli della Nuova Caledonia? Quanti colpi di manganello verranno sferrati? Chi resterà vivo, libero e innocente in prigione? "Otelo" (Portogallo) e "Mandela" (Sudafrica), entrambi detenuti per vent'anni, sono due casi particolari. Alla fine della canzone ritorna il tema mai abbandonato della ineguaglianza sociale: "Qui a écrit que les hommes\ Naissent libres, égaux?\ Libres mais dans le troupeaux\ Egaux devant les bourreaux?". Naturalmente la seconda domanda è, come accade altrove, [42] una affermazione.

Il confronto fra l'Occidente ed i paesi meno industrializzati è impari e non sarebbe giusto parlare di scontro, quanto piuttosto di sopraffazione. L'idea dell'uomo che è lupo per l'uomo, di Davide eternamente sconfitto dal gigante Golia, del bambino sacrificato dagli adulti, del re che si fa le leggi per perpetuare il suo potere, sono forme diverse e nuove che assume il vecchio tema del derelitto, cacciato dai borghesi dalla città e ucciso dai poliziotti difensori dello Stato. 500 connards sur la ligne de départ ('91) affronta ancora una volta questo tema e lo trasferisce sul suolo africano. Si parla della Parigi-Dakar, una avventura umanamente interessante secondo i "journaleux", un gioco osceno e pietoso secondo il cantautore. Quello che distingue l'Africa dalla banlieue è che il borghese non frequenta, evita e nasconde le periferie degradate, mentre utilizza il continente africano per i suoi giochi, come se fosse disabitato e di sua proprietà, senza rispetto per chi ci vive.[43] Naturalmente non possono mancare le vittime, sacrificate al dio della stupidità dai cinquecento "connards" e "blaireaux", che viaggiano sulle moto e sui camion. Le vittime sono quei selvaggi investiti, dentro i loro villaggi, dalle macchine in corsa, sulle cui ruote c'è ancora il sangue dei morti.[44] La visione del sangue è utilizzata ancora una volta da Renaud per rappresentare la crudeltà dei forti. Come era piena di sangue la toga dello studente di Diritto, così lo sono le ruote delle macchine dei partecipanti alla Parigi-Dakar.

 

3.4 La periferia

I potenti però, non hanno problemi a comportarsi allo stesso modo anche all'interno delle città e a trasformarle a loro piacimento. Così Renaud scrive Rouge-gorge ('88), in cui ricompare, dopo tredici anni, la figura del parigino innamorato della sua città. I potenti hanno distrutto i vecchi quartieri proletari e spostato le periferie più lontano, ma per costruire parcheggi e uffici.[45] Le antiche case e gli atelier sono stati sostituiti da gabbie di cemento, i vecchi lampioni dai tristi neon, i proletari e la vita cacciati via. Gli abitanti del quartiere, "Les petites gens", sono costretti a traslocare, ma soprattutto sono privati del diritto di avere un passato e una storia. Renaud cerca di restituire loro un po' della dignità che hanno perso con quella imposizione, facendo comparire un obbligo come una loro scelta responsabile,[46] che mostra però anche l'impotenza delle persone politicamente deboli nei confronti delle decisioni dei governanti. Non c'è la rabbia per un diritto offeso, quello che lo rattrista è che, con la ricostruzione, si perda tutto il fascino e la storia che caratterizzavano e rendevano particolari certi quartieri di Parigi. L'unico modo per farli vivere ancora è allora la memoria. La memoria si serve delle canzoni di Rouge-gorge, probabilmente le stesso Renaud, che aveva cantato la canzone rivoluzionaria Le Temps des Cerises, prima che arrivasse "le temps des noyaux" e i quartieri popolari venissero distrutti. La memoria si serve anche delle fotografie di Doisneau, che aveva raccontato i quartieri popolari e la periferia. Solamente in questo modo è possibile mantenere il ricordo dei vecchi quartieri.

 

Anche se Renaud riconosce un certo fascino agli antichi quartieri popolari, gli zonards sono ancora rappresentati come li aveva descritti nella fase precedente, con la loro povertà materiale e umana. Il protagonista di P'tit voleur ('91), sembra Slimane[47] diventato adulto. Come il giovane magrebino si lamentava che fargli evitare la prigione era una ipocrisia, se poi doveva vivere sulla strada, così il protagonista di questa canzone pensa di aver già scontato il suo debito con la società, prima ancora di andare in prigione.[48] La vita non gli ha offerto nulla, neanche un po' d'amore e, come sempre accade, "les teignes" lo hanno punito per difendere le loro proprietà, senza preoccuparsi della sua situazione. Il ladruncolo finisce in prigione per aver rubato degli oggetti di non grande valore come una bicicletta, un'autoradio, un orologio; ma a causa di questi "trucs de pauvres" è condannato all'ergastolo. Allo sventurato non rimane altro che la morte e il "p'tit voleur" ricorda che l'esistenza sua e di quelli come lui è molto più breve di quella degli altri: "Trois p'tits tours et puis s'en vont les p'tits voleurs".

La vita misera della periferia la si ritrova anche in La ballade de Willy Brouillard ('94), unico caso in cui Renaud dedica una canzone ad un poliziotto, che qui fa le ronde di notte. Il cantautore osserva il protagonista come una persona, fuori dal plurale omogeneizzante che aveva utilizzato fino a questo punto per parlare degli uomini in divisa. Il poliziotto della periferia è disperato quanto gli altri abitanti del quartiere, e, senza il gruppo che gli infonde forza e coraggio, il difensore della proprietà appare un pover'uomo patetico.[49] Anch'egli, come i suoi compagni della banlieue, ha dovuto vedere mortificati i suoi sogni[50] e la scelta di diventare poliziotto non è stata una scelta facile. In questo modo ha tradito la sua famiglia, che lo ha diseredato il giorno che ha firmato, e ha intrapreso una professione che va contro il suo temperamento pacifico. L'unica differenza tra l'essere uno poliziotto che fa le ronde di notte e l'essere un "p'tit voleur" è che nel primo caso si è sicuri di mangiare; ma entrambi i lavori sono scelti per disperazione.[51] Si potrebbe pensare ad una rivalutazione del poliziotto, almeno dal punto di vista umano, da parte di Renaud, ma il cantautore si preoccupa subito di rimettere le cose in chiaro e termina la canzone ponendo una domanda, che è puramente retorica: "Est-c' qu'on peut mettre de la musique\ Sur la vie d'un flic?". Se in qualche modo vede dietro il poliziotto una persona, non può comunque accettarne il ruolo all'interno della società: quello di difendere lo Stato ed i suoi capi, "Ceux qui r'fourguent la came aux nistons". Il fatto di essere complice, seppure "anonyme", del sistema, condanna il poliziotto al disprezzo da parte di Renaud.

Se confrontata con la rivoluzione, la miseria della vita immobile e passiva della periferia si fa ancora più profonda. In Son bleu ('94) Renaud contrappone le scelte di due generazioni. Da una parte il padre, un proletario che ha sacrificato la sua vita per il lavoro; dall'altra il figlio, che è scappato in Nicaragua per fare la rivoluzione. A cinquant'anni il protagonista, l'uomo, si ritrova pensionato, ma privo di tutto. Le cose per cui si era sacrificato, il lavoro, la bandiera rossa, il comunismo, non hanno più valore. Ora si sente vuoto[52] e invidia la scelta del figlio, che lo aveva abbandonato accusandolo di essere vittima e partecipe del sistema.[53] Se la prende con gli uomini e con Dio e confessa che il figlio è stato più intelligente di lui.[54] L'uomo si rende conto che la sua tuta da lavoro altro non era che un vestito da detenuto e rimpiange di non aver scelto anche lui la rivoluzione. Si ritrova lo stesso concetto espresso in Lolito Lolita ('94), a proposito del proletariato che, pur essendo vittima, non si ribella. Qui però, Renaud, si sforza di cercare una spiegazione: il padre è stato dominato e controllato dal sistema per mezzo degli ideali, la bandiera rossa e Lenin; attraverso i quali l'uomo credeva, invece, di poter combattere il sistema stesso.

 

3.5 L'altro sesso

In questo periodo, per quello che riguarda il mondo femminile, Renaud non descrive in maniera omogenea il rapporto dell'uomo con l'amata. Nella canzone Je cruel ('91) rappresenta l'amore come un sentimento assoluto. Il titolo nella canzone diventa "jeu cruel" e Renaud spiega cosa significa essere innamorati. Per colpa dell'amore, "Parc' que je t'aime", il protagonista è senza pietà, ha rubato la libertà alla sua donna e le ha spezzato le ali per non farla fuggire. Ma non ancora sicuro, l'ha legata in modo da non poterla perdere.[55] In questo caso sembra veramente che l'amore abbia un ruolo fortemente condizionante nella vita, legato in modo assoluto alla figura dell'innamorata. Ma solo qualche tempo prima, il rapporto con una donna era stato cantato in maniera del tutto diversa. In La pêche à la ligne ('85) si racconta l'abbandono da parte di una moglie, in Me jette pas ('85) un tradimento di un marito.

Con Dans ton sac ('91) e Devant les lavabos ('94) Renaud tenta di nuovo di raccontare quella parte del mondo femminile dal quale sono esclusi i maschi, come aveva fatto con En cloque ('83). Dans ton sac ('91) è la rassegna degli oggetti e dei segreti che la moglie del personaggio, il quale vi fruga dentro, nasconde all'interno della sua borsetta. Dentro non c'è nulla di particolare: dei biglietti, un fazzoletto, le caramelle e le sigarette, un numero di telefono, la foto di loro due col cane ormai morto, un'agenda e una penna. Ma questi oggetti semplici fanno aumentare l'amore del protagonista nei confronti della sua compagna. Il quale le offre poi di frugargli le tasche, ma qui la donna non troverebbe altro che le sue mani, con i pugni ben chiusi, in modo da non fare fuggire via l'amore per lei. Devant le lavabos ('94) ripropone l'abbandono da parte della donna. Tutto è legato all'idea del lavabo nel bagno, dove, per un motivo incomprensibile,[56] le fidanzate si recano prima di cenare e dove forse parlano tra di loro dei propri fidanzati; per ritornare poi profumate "comme pour un autre". Sarà nello specchio sul lavabo che i maschi leggeranno poi l' "Adieu salaud" scritto col rossetto. L'idea di una parte del mondo femminile inesplorabile per l'uomo, si unisce, in quest'ultimo caso, a quella della incapacità del maschio di comprendere realmente l'amata. L'uomo ama la donna in maniera assoluta, ma a modo suo, non riesce a darle quello che lei desidera. Questa idea di insoddisfazione della donna la si trova anche in Dans ton sac ('91), quando il protagonista parla del fazzoletto trovato nella borsa, "Qui t'as jamais vu pleurer\ Ou si peu\ P't'être que j'suis un mauvais mec\ Qu' j'ai rendu ton cœur tout sec\ Pi les yeux".

L'idea della mancanza di sintonia tra l'uomo e la sua fidanzata, che cerca comprensione e conforto nelle amiche, la si trova anche in La pêche à la ligne ('85), dove la moglie del protagonista telefona alla mamma.[57] Anche in questo caso la canzone finisce con un abbandono e anche in questo caso il personaggio lo intuisce da come la donna si comporta davanti allo specchio. L'idea dell'amore assoluto, che si nutre solo dell'altro, è qui negata. Il fatto di volere la propria compagna tutta per sé e di essere geloso anche se solo si trucca,[58] è il modo di amare dell'uomo. Il quale, però, la lascia sola a casa per andarsene a pesca. Lei, delusa dal suo uomo, non può fare altro che abbandonarlo. Renaud ammette che la colpa è dell'uomo e in Devant les lavabos ('94) commenta così il messaggio lasciato sullo specchio: "C'est vrai qu'il n'y a pas d'autres mots".

 

3.6 Lolita e il tempo che passa

Un amore infinito e geloso è invece quello che Renaud nutre nei confronti della figlia, che a volte tratta come la sua fidanzata. Benché non in tutte le canzoni dove compaiono un padre con la sua bambina ci siano segni che Renaud voglia rappresentare se stesso; questo si può intuire in quanto si tratta di una situazione che compare quando comincia a rappresentarsi in compagnia di Lolita. Bastano quindi una o due esempi[59] in cui il personaggi sia identificabile con Renaud o Lolita, per poter pensare che anche negli altri casi i personaggi siano loro.  In Morgane de toi ('83), il cantautore aveva rappresentato il suo rapporto con Lolita in modo volutamente ambiguo e lo ripropone con Il pleut ('88), canzone che racconta di un litigio, anche se qui il discorso risulta molto meno equivoco. Il cantautore si mostra nei confronti dell'amata,[60] che vuole andare via, amorevolmente protettivo, ma anche autoritario.[61] Le dice di essere innamorato di lei "À m'en taillarder les veines", ma le ricorda anche che non può andarsene di casa a sei anni e mezzo. Il rapporto con la bambina è uguale a quello con una persona adulta e il padre alla fine cede alle sue richieste e riaccende la televisione. Nel finale poi confessa tutta la sua debolezza di genitore e le dice "tu peux pas te casser, y pleut\ Ça va tout mouiller mes yeux". Oltre a dare di sé l'immagine di un padre innamorato della propria figlia, Renaud si descrive anche molto geloso. In Mon amoureux ('94) dà di nuovo la parola a Loulou e la ragazzina prega il padre che il giorno in cui tornerà a casa con un fidanzato, egli non lo tratti male, anche perché certamente piacerà anche a lui. Si tratta di una canzone sugli amori adolescenziali, tanto che la canzone termina con la ragazzina che dice: "tu l'aim'ras\ Pendant un moi\ Une semaine ou un mois comme moi".

Renaud scrive, attraverso la rappresentazione del suo rapporto con Loulou, due differenti tipi di canzoni. Da un lato, come si è visto, ci sono le canzoni in cui parla dell'amore di un padre verso la figlia; dall'altro presenta se stesso come un adulto che parla con un bambino. Da questo secondo gruppo nascono le canzoni di protesta, in cui Renaud si rivolge a Lola e viceversa, C'est pas du pipeau ('91) e Marchand de cailloux ('91), e quelle in cui l'adulto racconta il suo passato. Una canzone che è considerata fra le più belle di Renaud, è proprio uno sguardo rivolto al suo passato, per raccontarlo alla figlia. Si tratta di Mistral Gagnant ('85), che trasmette fin dal titolo il gusto del tempo perduto. Come lo stesso Renaud spiega, i Mistrals Gagnants[62] sono dei dolci di quando era piccolo. La canzone è un alternarsi di immagini che descrivono la tenerezza del rapporto tra padre e figlia, e immagini che teneramente ritornano dal passato. Si hanno una serie di quattro quartine a cui segue una sorta di ritornello di sette versi, ripetuto per tre volte. La prima quartina comincia con il distico "Ah... m'assoir sur un banc\ Cinq minutes avec toi" e descrive, insieme alle due successive, l'intimità familiare; la quarta quartina comincia con "Et entendre ton rire" e descrive come il padre considera il riso della bambina. Il ritornello comincia con "Te raconter" ed ha come ultimo verso "Et les Mistrals Gagnants", nel mezzo i ricordi della giovinezza, legati per lo più ai dolcetti di quell'epoca.

L'immagine che Renaud da di sé in questa canzone è edificante. Con la figlia presa per mano dà da mangiare ai piccioni; i due si divertono a saltare sulle pozzanghere per far brontolare la mamma, rovinando le scarpe. Ascolta il riso della piccina, che lo guarisce da tutte le ferite, che come il mare si ferma e poi torna indietro, che vola in alto come il grido degli uccelli. Le racconta di quando era piccolo, il "bon temps", che non c'è più, ma non è importante;[63] dei dolcetti di quei tempi. Ma soprattutto le dice che non sono loro due i cattivi[64] e che bisogna amare la vita, anche se il tempo si porta via la giovinezza.[65] Tutta la canzone è un quadretto idilliaco, che sembra quasi una favola, lontano dalla realtà. Per una volta Renaud si offre un momento di sentimentalismo, senza messaggi, per il solo piacere di ascoltare il proprio cuore. Una genuinità espressiva del genere, libera da altre implicazioni, l'aveva ricercata in precedenza solo quando dava libero sfogo alla sua fantasia.

Mistral gagnant ('85) oltre ad essere una delle canzoni più apprezzate, apre anche un nuovo filone tematico nella produzione di Renaud. Stimolato dall'amore per la figlia, il cantautore ha, per la prima volta, gettato uno sguardo sul suo passato e meditato sul trascorrere del tempo. In quest'ultima fase della sua produzione il mondo dei bambini non è solo una nuova veste con cui ricoprire tematiche già affrontate, è anche uno stimolo per ripensare alla propria giovinezza e prendere coscienza che il tempo passa anche per lui. Appena accennata in Mistral gagnant ('85), l'infanzia di Renaud diventa assoluta protagonista in Les dimanches à la con ('91), canzone con la quale, però, egli ritrova anche la sua vena ironica. Sono raccontate le domeniche passate a casa senza gli amici, tra giochi, feste e serate noiose.

Durante la settimana, però, il bambino di dieci anni trascorreva il tempo con i compagnetti, sulle strade. Le sirop de la rue ('94) è la descrizione malinconica di un tempo perduto. In questo caso Renaud non dice "je m'en fous", guarda il suo passato e rimpiange un mondo che non c'è più. E' molto vicino alla tristezza mostrata di fronte ai vecchi quartieri popolari scomparsi. Con la testa rasata e il moccio al naso, i bambini di dieci anni giocavano per le strade e non avevano il minimo sospetto di come funzionasse la vita.[66] Renaud confronta il suo passato con il presente e, come spesso accade, quest'ultimo è visto peggiore dell'altro. Quando era piccolo giocava con i canaletti di scolo, sulle cui acque i ragazzini facevano navigare le loro barchette; oggi anche i passeri evitano di toccare quell'acqua o anche solo la strada, "À moins d' pas trop craindre\ Les capotes usées\ Et les vieilles seringues\ Et les rats crevés". Sulla spiaggia, mentre raccoglieva le conchiglie, come sottofondo c'era il rumore del mare e del vento che arrivava da lontano; oggi si sentono solo i motori delle macchine fuoristrada sfuggite alla Parigi-Dakar, che attraversano le dune come a Ouarzazate. Nelle bottiglie vuote si trovavano messaggi e non i pesticidi dell'ultimo naufragio. La sua infanzia è anche quel tempo in cui "Le Figaro" non si era ancora alleato con il Fronte Nazionale e col Vaticano e la Disney non aveva ancora cominciato a fare gadget per attirare i bambini.

Non è solo il rimpianto per una età della vita che non c'è più; da questa canzone traspare il ricordo di tutto un mondo passato, che appare più genuino rispetto a quello presente. Nel finale Renaud implicitamente confessa, però, che col passare del tempo si ha la tendenza a ricordare con affetto le cose perdute ed a immaginarle migliori di quello che non fossero realmente. Questo succede, ad esempio, per il "mercurochrome\ Sur nos g'noux pointus"; le ginocchia sbucciate, sulle quali rimaneva il segno rosso del disinfettante, che erano un tempo il diploma "D' l'école de la rue", ma che all'adulto ricordano "l'arôme\ Du sirop de la rue".

Scoprire la sua distanza dai bambini non provoca in Renaud solo il desiderio di riappropriarsi dell'infanzia che ha perduto. Nasce in lui anche la coscienza che è diventato una persona adulta e che deve, suo malgrado, fare i conti con il tempo e con la vita. Cheveu blanc ('94) e Cent ans ('88) affrontano questo problema sotto due punti di vista differenti. Cheveu blanc ('94) scherza sulla comparsa del primo capello bianco nella chioma del personaggio. Inaspettato, esso è il segno inequivocabile del tempo che fugge via, ma soprattutto costringe il proprietario ad accorgersi che non è più un ragazzo: "L' troisième âge arrive ça y'est c'est l'hiver\ Moi qui croyait vivre l'éternel printemps".[67] L'età adulta arriva quando il figlio si ritrova con i capelli bianchi che avevano i suoi genitori, "le jour où t'hérites des ch'veux d' tes parents". Renaud scherza e considera la comparsa del primo capello bianco come una tragedia, come l'inizio della decadenza. Ma il finale testimonia che, anche con i capelli bianchi, il ribelle non abbassa le braccia. In fondo, dice, ci sono cose molto più gravi che possono capitare ad una persona, come votare socialista, guardare la TF1, abbonarsi alla rivista VSD, credere in Dio o girare in scooter. Ma la cosa più orribile di tutte sarebbe quella di ritrovarsi sotto i capelli bianchi un cervello da sportivo. Anche il finale non si allontana dal clima ironico di tutta la canzone.

Un tono scherzoso ha anche l'inizio di Cent ans (88'), che racconta di un vecchio centenario, probabilmente Renaud stesso, seduto su una panchina. Giunto ormai alla fine della sua vita l'uomo non ha più passioni e come un vecchio albero ha bisogno soltanto di un po' d'acqua per stare bene.[68] Passa il tempo tra i bambini che gli corrono intorno, ai quali augura di non fare la guerra, visto che neanche lui ne ha mai fatto una; a parte il "Mai '68", di cui "J' me rappelle même plus en quelle année c'était\ Ni qui c'est qu'avait gagné". Questi "cent ans", però, si scopre presto che sono solo la speranza di chi, in realtà, è ancora lontano dal traguardo[69] e di chi è ancora in mezzo alla bufera della vita. Giungere alla vecchiaia è come vincere una sorta di sfida nei confronti del destino, che in ogni momento tende delle trappole all'uomo per farlo cadere. Avere cento anni significa essere riuscito superarle. Il centenario non è allora un uomo scartato dalla società produttiva, come il proletario in pensione, egli è una persona che può guardare correre la vita senza farsi trascinare. Egli è l'unico che può "jouir enfin du bonheur\ D'avoir pu traverser\ Sans me faire écraser\ Cette pute de vie, ses malheurs\ Ses horreurs, ses dangers\ Et ses passages cloutés". Per meglio chiarire come Renaud voglia mostrare, con questa canzone, come facilmente si possa rimanere schiacciati dalla vita, è utile sottolineare che essa è inclusa nell'album in cui si riflette ovunque la morte di Coluche. In Putain de camion ('88), di fronte alla morte dell'amico usa una espressione, "Putain de vie d' merde", che in qualche modo completa l'idea della fragilità dell'uomo esposta nell'altra canzone.

 

3.7 Il gioco e il mondo del fumetto

Una delle caratteristiche che Renaud di sicuro non perde con il passare degli anni è il gusto per il gioco e il desiderio di dare libero sfogo alla fantasia. Scrive ancora canzoni di carattere fumettistico e "la Pépette", personaggio già protagonista in Près des autos tamponneuses ('83), ritorna in Le retour de la Pépette (85') con le sue avventure durante le vacanze. A lei si affiancano Lolita in Baby-sitting blues ('85), ma soprattutto Hugues e Julie di Chanson dégueulasse ('88). La storia dei due è tragicamente comica: entrambi puzzano in maniera soffocante, l'uno dalla bocca,[70] l'altra dai piedi.[71] I due si innamorano, ma non conoscono il difetto l'uno dell'altra. Sposatisi, la loro camera da letto la prima notte di nozze è impregnata di un odore insopportabile; tanto che Hugues vorrebbe in qualche modo scusarsi, sentendosi colpevole per quell'odore immondo. Ma prima ancora che possa svelare il suo drammatico segreto Julie gli dice: "T'inquiète, j'ai deviné\ Mon amour tu as bouffé mes chaussettes". Renaud dà prova di un'altissima abilità nel creare personaggi e situazioni assurde e grottesche. Chanson dégueulasse ('88) è uno dei suoi risultati migliori ottenuti in quell'evocazione dell'assurdo che caratterizza le sue canzoni di tipo fumettistico. Ad essa fa compagnia Tu va au bal? ('85), con cui Renaud raggiunge la stessa qualità, ma nel campo del gioco linguistico. Quasi rinnovando La menthe à l'eau ('75), Tu va au bal? ('85) è, come quella, costruita sulla ripetizione degli stessi suoni, o meglio, delle stesse parole. Ma questa volta il tutto ha un senso. La canzone si presenta come un dialogo tra due persone. Il discorso si ripete uguale per tre volte nelle strofe, con il narratore che riporta tre domande differenti fattegli dal suo interlocutore[72] e poi la conversazione che ne nasce:

"(...)

J'ui dis: qui? - y m' dit toi

J'ui dis: moi? - y m' dit oui

J'ui dis: non, je peux pas

C'est trop loin - y m' dit bon"

Subito dopo è il narratore che rivolge la stessa domanda all'interlocutore e lo scambio di battute si ripete uguale, ma a parti invertite:

"Et toi, t'y vas? - qu'j'ui dis

Y m' dit: qui? - j'ui dis toi

Y m' dit: moi? - j'ui dis oui

Y m' dit: non, j'y vais pas

(...)"

Nell'ultimo verso l'interlocutore cerca ogni volta una scusa per non andare neanche lui. Dopo il doppio scambio di battute, c'è la spiegazione di quello che non hanno fatto non andando nei posti oggetto di discussione, poi lo scherzo comincia di nuovo. Non contento del gioco fonetico, Renaud vuole dare anche un finale comico alla sua storia e il narratore confessa che, dopo aver sepolto l'amico morto per il freddo, è andato a ballare, in compagnia delle prostitute del quartiere, nella chiesa diroccata. Tutto questo senza rimpiangere niente.

Ma Renaud ha una vera e propria passione per la lingua. Sotto questo punto di vista è da considerarsi À la belle de mai ('94), scritta completamente in dialetto marsigliese. Dopo aver dato nobiltà sociale alla lingua popolare, cerca nuovi stimoli e nuove possibilità espressive nel dialetto di Marsiglia. E' questa una delle testimonianze più importanti di quanto la scelta di Renaud di utilizzare la lingua della strada, sia stata una scelta stilistica e non un limite culturale.

Canzoni scherzose sono anche Ma chanson leur a pas plus (Suite) ('91), continuo dell'omonima canzone del 1983, e Allongés sous les vagues ('88), entrambe sul mondo musicale, con un messaggio abbastanza polemico. Renaud considera che la musica che si ascolta alla radio è troppo commerciale e priva di contenuto, e la sua morale è come sempre un giudizio senza possibilità di replica. Tutte e due parlano di ipotetiche canzoni scritte dal cantautore. In Allongés sous les vagues ('88) si tratta di canzoni di successo e quindi povere di contenuto, tanto che il protagonista confessa "Qu'est-ce qu'y faut pas chanter\ Comme conneries affligeantes\ Pour espèrer entrer\ Un jour au Top Cinquante". In Ma chanson leur a pas plus (Suite) ('91) il protagonista cerca di nuovo di rifilare le sue canzoni "en béton" agli altri cantanti, ma non ci riesce. Alla fine, rimasto con una canzone veramente fatta male, incontra un "trou du cul\ Qui rev'nait de Roland-Garros", abbastanza idiota e bello, a cui offre di fare il cantante. Quello accetta e la canzone rimane al primo posto in classifica tutta l'estate. Si tratta di una canzone così brutta che piace persino a "Libé"(ration), un giornale che ha sempre attaccato Renaud. Ma egli, per ringraziare, questa volta si fa l'abbonamento al giornale; anche perché c'è una utilità pratica: "J'ai toujours besoin d' papier\ Pour emballer mes poissons".

 

3.8 Altre canzoni

Alcune canzoni di quest'ultima fase  si devono considerare da sole in quanto rappresentano un caso unico in mezzo a tutte le altre. Si tratta di Si t'es mon pote ('85), Troi matelots ('85), P'tite conne ('85). A parte, ma per altri motivi, verrà considerata La médaille ('94). Troi matelots ('85) è una canzone sulla marina. Il narratore si confronta con altri due commilitoni, imbarcatisi come lui sulla portaerei Clemenceau. Il narratore, che è rappresentato come Renaud, gracile e parigino, al contrario dei suoi due amici, è pacifico e ingenuo e si farà evirare dalla nave. Gli altri due invece faranno carriera grazie alla loro stupidità e alla loro cattiveria. E' questa la morale di tutta la canzone,[73] ma Renaud subito dopo si preoccupa di precisare che l'oggetto della sua polemica non sono i marinai semplici; sono piuttosto quelli che hanno il potere, i graduati, "les abonnés du Figaro".

Si t'est mon pote ('85) affronta il tema dell'amicizia, che di nuovo compare nel suo aspetto di complicità tra due persone.[74] Il vero amico lascia che il protagonista imbrogli quando giocano a scrabble; non lo fa mai ubriacare da solo, ma gli fa compagnia; non sparisce per un falso amore, ma lascia la donna e, per amicizia, muore un po' prima dell'altro. La cosa più importante, però, è che se si tratta di un vero amico lo deve amare, anzi Renaud sottolinea che "Si t'es mon pote: tu n'aimes\ Que moi".

P'tite conne ('85) affronta il tema della droga. Questa volta la vittima è una ragazzina, morta perché cercava nella droga un modo per fuggire la sua tristezza. Come in La blanche ('81), è presente la figura cinica del fornitore, il quale conta le rose sulla bara, pagate con i soldi dell'ultima dose della ragazza. C'è il disprezzo di Renaud nei confronti degli ambienti mondani, dove viene consumata la cocaina e dove l'essere ricchi significa non avere nessuno che ti giudica.[75] Rivolgendosi alla ragazza deceduta, infatti, le dice che quelle persone sono più morte di lei. Alla madre di lei vorrebbe spiegare che non è colpa della figlia, che chi non vuole invecchiare muore prima degli altri. Ritorna anche l'atteggiamento di predicatore della canzone precedente e Renaud dice che ciò che è veramente importante è svegliarsi la mattina ed essere vivo. La ricerca della felicità è una cosa da mediocri e logora il cuore. Il mondo della droga, al contrario di molti altri aspetti della periferia, è qualcosa che il cantautore non sente suo; da rivoluzionario utilizza le sue forze, anche fino al limite, per cambiare il mondo e non per autodistruggersi.

 

3.9 La médaille

Si è voluta lasciare La médaille ('94) alla fine, in quanto rappresenta una sorta di ponte verso una nuova fase, ma soprattutto verso la raccolta Renaud chante Brassens del 1995. Renaud ha cominciato a scrivere parole sulla musica del grande cantautore, ma si può dire che solo in questo caso è riuscito a raggiungere la più alta qualità del suo maestro spirituale. La médaille ('94) infatti unisce la rabbia del rivoluzionario alla prassi, tipica di Brassens, di attaccare il simbolo del potere attraverso l'ironia ed l'irriverenza. Nella canzone vari personaggi interagiscono fisicamente con la statua del "Maréchal de France", di Pétain, simbolo di tutti i "Maréchaux assassins", offendendone l'autorità. Per primo arriva un piccione, che decora la statua con una "gastrique offense". Di fronte a questo spettacolo Renaud commenta: "Sur vos bustes d'airain\ Vos poitrines superbes\ Vos médailles ne sont\ Que fiente de pigeon\ De la merde". Dopo il piccione arriva un bambino, che fa la pipì sulla statua; vendicando graziosamente, in questo modo, le donne e i bambini massacrati nelle "sales guerres". Dopo il bambino c'è il barbone che, ubriaco, vomita sopra la statua. Anche qui il commento di Renaud è duro: "Vous ne méritez rien\ De mieux pour vos méfaits\ Que cet hommage immonde\ Pour tout le sang du monde\ Par vos sabres versé". Per ultimi arrivano due innamorati, che si baciano seduti sotto il suo sguardo. Ma in questo caso la statua resterà insensibile perché, "hélas" l'unico amore che conoscono i "Maréchaux assassins" è quello per la Patria. A questo punto anche Renaud vuole dare il suo contributo alle offese fisiche e parlando della Patria dice: "Cette idée dégueulasse\ Qu' à mon tour je conchie". Si può vedere come accanto ai toni duri del commento del rivoluzionario, ci sia l'atteggiamento irriverente dei personaggi della storia.

 

L'ultima fase della produzione di Renaud si caratterizza per tre elementi nuovi rispetto a quelle precedenti. Si ha l'allargamento della protesta dalla città e dalla Francia, al mondo intero, con un arricchimento di motivi di indignazione. Si ha la presenza del mondo dei bambini, che si trova un po' dappertutto, ma che si concretizza nella figura della figlia. Si ha la presa di coscienza, da parte di Renaud, di essere diventato una persona adulta, con la conseguenza di guardare al passato con nostalgia, ma anche di meditare sulla vita.


[1]In Mon amoureux ('94), per esempio, questo è evidente: "mon amoureux tu l'aim'ras\ Il écoute que Brassens et toi".

[2] J'ai raté télé-foot ('81), Pochtron ('83), Ma chanson leur a pas plu... ('83).

[3]"L'homme est un loup pour l'homme", in Jonathan ('88)."Les hommes entre eux son bien pire\ Que les rats!!!", in Lolito Lolita ('94)

[4]"Pour toucher la sagesse qui ne viendra jamais\ J'échangerai la sève du premier olivier\ Contre mon sang impur d'être civilisé\ Responsable anonyme de tout le sang versé".

[5]"Il n'y a plus assez de place dans mon cœur\ Pour loger la révolte, le dégoût, la colère"

[6]Vedi pag.

[7]"Fatigué du mensonge et de la verité\ Que je croyais si belle, que je voulais aimer"

[8]In Mistral gagnant ('85)

[9]"Et dire que chaque fois que nous votions pour eux\ Nous faisions taire en nous ce cri; «Ni dieu ni maître!»\ Dont ils rient aujourd'hui puisqu'ils se sont faits dieux\ Et qu'une fois de plus nous nous sommes fait mettre".

[10]"Comment tu veux changer la vie\ Si tu balises pour ton bien?"

[11]"Elle était socialiste\ Protestante e femministe\ ...\ S' méfiait des écologistes\ Détestait les communistes".

[12]Vedi pag.

[13]"Je cherche un trésor planqué\ L'amour et la liberté\ Sous les cailloux bariolés\ D' la planète".

[14]"Buvons une verre\ Allons pêcher\ Pas une guerre ne pourra durer\ Lorsque la bière et l'amitié\ Et la musique nous feront chanter".

[15]"La lutte armée ça va\ Quand t'as pas d'autre choix"

[16]"La vérité c'est que\ Ces enfants de salauds\ Ça les arrange un peu\ La came dans leurs ghettos\ Ça tue surtout les pauvres\ Les negros, les bandits\ Ça justifie les flics\ Ça fait vendre des fusils".

[17]"Deux humains sur trois\ Sans abri sans pain sans joie\ La pyramide les broie\ Depuis dix mille ans je crois".

[18]"Trahi par les syndicats\ Méprisé par les bourgeois\ Et qui marche toujour au pas".

[19]"Ils piétineront tes droits"

[20]"Ils ont décidé des lois\ Qui font que tu resteras\ Toujours tout en bas".

[21]Exagone ('75).

[22]"Tu dis que si les élections\ Ça changeait vraiment la vie,\ Y'a un bout d' temps, mon colon,\ Qu' voter ça s'rait interdit!\ Ben si l'école ça rendait\ Les hommes libres et égaux,\ L' gouvernement décid'rait\ Qu' c'est pas bon pour les marmots!".

[23]"Merci (...) à mon pote Vincent qui m'a raconté l'histoire d'une petite fille qui a VRAIMENT demandé à son papa C'est quand qu'on va où?", nel libretto del disco.

[24]"Veulent me gaver comme une oie\ 'vec des matières indigestes,\ J'aurais oublié tout ça\ Quand j'aurais appris tout l' reste".

[25]"L'amour des livres qui fait\ Qu' tu peux voyager d' ta chambre\ Autour de l'humanité".

[26]"Quand j' s'rai grande j' veux être heureuse,\ Savoir dessiner un peu,\ Savoir m' servir d'une perceuse,\ Jouer peut-être du violoncelle".

[27]Déserteur ('83).

[28]"Tu sais que les grand\ Ceux qu'on s'ra jamais".

[29]"Un côté un peu zone pour crier ton dégoût\ De ce monde trop vieux, trop sale et trop méchant\ De ces gens silencieux, endormis et contents".

[30]"Et puis ces déchirures à jamais dans ta peau\ Comme autant de blessures et de coup de couteau\ Cicatrices profondes pour Malik et Abdel\ Pour nos frangins qui tombent, pour William et Michel".

[31]"J' croyais qu' David et Goliath\ Ça marchait encore\ Qu' les plus p'tits pouvaient s' débattre\ Sans être les plus morts", in Marchand de cailloux ('91)

[32]"Est-ce que c'est ça être coco\ Ou être un vrai chrétien\ Moi j' me fous de tous ces mots\ J' veux être un vrai humain...\ Dis, papa, tous ces discours\ Me font mal aux oreilles", in Marchand de cailloux ('91).

[33]"Dis, papa, quand c'est qu'y passe\ Le marchand de cailloux\ ...\ Mais p'têt' que sur ta guitare\ J'en jett'rai aussi\ Si tu t' sers de moi, trouillard,\ Pour chanter tes conn'ries".

[34]"Pourquoi les enfants de Belfast\ Et d' tous les ghettos\ Quand y balancent un caillasse\ On leur fait la peau"?. "Pourquoi des mômes crèvent de faim\ Pendant qu'on étouffe\ D'vant nos télés, comme des crétins\ Sous des tonnes de bouffe"?, in Marchand de cailloux ('91)

[35]"Mais la liberté tu vois\ C'est pas sans danger".

[36]"C'est chaque fois comme ça.\ Pourqoi c'est toujours les p'tits chats\ Et jamais les hommes qui tombent des toits?".

[37]"Mort l'enfant qui vivait en moi\ Qui voyait en ce monde-là\ Un jardin, une rivière\ Et des hommes plutôt frères\ Le jardin est une jungle\ Les hommes sont devenus dingues\ La rivière charrie des larmes".

[38]"C'est mon dernier bal,\ J'en ai reçu une".

[39]"Moi, je veux avoir une influence sur l'opinion des gens", Paroles & musique, aprile 1988.

[40]L'Autre Journal, Giugno 1991.

[41]"Combien de victimes,\ Combien de milliers d'enfants\ Dans les décombres des camps\ Deviendrons combattants?".

[42]Si veda Les charognards ('77).

[43]"Combien d'années encore\ Ces crétins bariolés\ F'ront leur terrain de sport\ D'un continent entier\ Combien d'années enfin\ Ces bœufs sponsorisés\ Prendront l' sol aficain\ Pour une cour de récré".

[44]"C'lui des quelques sauvages\ Qui ont voulu traverser\ Les rues de leurs villages\ Quand vous êtes passés".

[45]"Parkings et bureaux\ Ont bouffé Paris".

[46]"Les petites gens\ Sont des gens sérieux\ Iront gentiment\ Peupler les banlieues".

[47]Deuxième génération ('83)

[48]"J'avais déjà purgé ma peine\ Avant même d'être ici, toute ma vie,\ Z'ont pas compris ça, les teignes\ Qui m'ont puni,\ Que la vie fut une chienne\ Avec moi"

[49]"Baston au Voltigeur\ Pas bon, j'irais t't'à l'heure\ J'fais pas l' poids tout seul sans les potes".

[50]"Quand il était p'tit y voulait faire\ Gardien de square comme son grand-père\ Voulait vivre erntouré d'minots\ Protéger les p'louses les moineaux\ Ben y vit entouré d' béton\ Au milieu d'une jungle à la con\ Y protège l'État, les patrons".

[51]"Il a choisi entre deux galères\ Celle où tu bouffes".

[52]"Eh ben tu vois gamin\ Aujourd'hui j'suis plus rien".

[53]"Salut pauv' cave\ Tu s'ras toujours un esclave"

[54]"Mon enfant a compris mieux que moi\ Le bonheur de faire péter tout ça"

[55]"Parc' je t'aime que je t'aime enchaînée..."

[56]"Quelle est la raison secrète\ De cet exil mystérieux\ Qui les retient au petit coin?"

[57]"Téléphone à sa mère\ Qui est sa meilleure amie\ Paroles ephémères\ Et tous petits soucis".

[58]"Mon amour se maquille\ Un œil et puis les deux\ C'est futile mais ça brille\ Qui veut-elle séduire\ Je suis même pas là\ Je me tue à lui dire \ Qu'elle est mieux sans tout ça\ Que ses yeux sont plus clairs\ Quand ils sont dans ma poche".

[59]Le sirop de la rue ('94) o Marchand de cailloux ('91.)

[60]"Fais gaffe, dehors c'est pas mieux\ ...\ Y'a des salauds très dangereux\ Et des imbéciles heureux\ Je suis mille fois meilleur qu'eux\ Pour soigner tes petits bleus".

[61]"T'as pas l' droit, c'est pas du jeu".

[62]"Les Mistrals gagnants, c'étaient des bombecs, du temps où j'étais petit! Des petits sachets rouges ou verts avec une languette sur le bas qui se soulevait et sous laquelle était inscrit «gagné» ou «perdu». Si c'était «gagné», tu avais le droit à un autre Mistral. Cette poudre glacée blanche, qui s'aspirait avec une paille en réglisse, coûtait vingt centimes. C'était notre dope à nous", in Ok, Giugno 1986.

[63]"Te parler du bon temps\ Qu'est mort et je m'en fou".

[64]"Te dire que les méchants\ C'est pas nous".

[65]"Te raconter enfin\ Qu'il faut aimer la vie\ Et l'aimer même si\ Le temps est assassin\ Et emporte avec lui\ Les rires des enfants\ Et les Mistrals gagnants"

[66]"On avait dix ans\ Pis on ignorait\ Qu'un jour on s'rait grands\ Pis qu'on mourirait".

[67]Più avanti di nuovo "On a beau s' croire toujour adolescent".

[68]"J'ai plus d'amour, plus d' plaisir\ Plus de haine, plus d' désir\ Plus rien\ Mais j'suis comme le platane\ Un peu d' pluie, j'suis en vie\ Ça m' suffit\ J'suis bien".

[69]"J'ai pas cent ans, je faisais semblant\ C'étaient des mots, du vent\ Mais j'aimerais bien les avoir demain".

[70]"Ça chlinguait un peu comme une morgue en grève\ Comme un sac poubelle longtemps oublié\ Comme un poisson mort échoué sur la grève\ Comme une charogne au fond d'un fossé".

[71]"Ça chlinguait le vestiaire du Parc des Princes\ Comme un chien mouillé mort depuis huit jours\ Comme un barbecue dimanche en province\ Comme un maillot jaune à l'arrivée du tour".

[72]"Tu va au bal?- qu'y m' dit\ ...\ Tu vas aux putes?- qu'y m' dit\ ...\ Tu vas à l'église?-qu'y m' dit".

[73]"Si votre enfant est un salaud\ Un vrai connard, une tête pleine d'eau\ Faites en donc un militaire\ Alors il fera carrière\ Sur un navire dans un bureau".

[74]"L'amitié, c'est avant tout une complicité qui se crée. Mais je ne suis pas dupe: les vraies potes, je les compterai sur les doigts de la main le jour où je ne vendrai plus de disques. Quand je suis pote avec un mec, je suis aussi jaloux, exclusif et teigneux que je le suis avec ma gonzesse. C'est le même amour, la même fidélité exigée. J'exige beaucoup de mes potes, et je pense donner aussi beaucoup en retour", Ok, Giugno 1986

[75]"Où le fric autorise\ À se croire à l'abris\ Et de la court d'assise\ Et de notre mépris".


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